Cenni Storici

Agrigento affonda le sue radici intorno al 580 a.C. da Geloi di origine rodio-cretese, la città di Agrigento vanta una storia straordinaria, grazie al contributo delle popolazioni che nel corso dei secoli hanno lasciato una traccia indelebile nell’isola. Prima del declino avviato dal dominio cartaginese, la polis di Akragas (Ἀκράγας) raggiunse il massimo splendore nel V secolo a.C; successivamente, nel corso delle guerre puniche, venne conquistata dai Romani, che latinizzarono il nome in Agrigentum. Oggi è nota come “Città dei templi” per il complesso di templi dorici risalenti all’antica città greca situati nella suggestiva Valle che, dal 1997, è stata inserita tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.
Dal disegno di autore Anonimo del 1584, tratto dall’Atlante Storico della Sicilia di L. Dufour, si rileva una rara immagine della città medievale, circondata da una cinta muraria e da un tessuto urbano poco differenziato. In alto spiccano i più importanti edifici quali lo Steri, la Cattedrale, il Castello, la Chiesa di Santa Maria dei Greci; al centro si nota un burrone che taglia a metà il Colle, detto Via Bac Bac. Nel Centro Storico, sorto per necessità difensive, logistiche e commerciali, in relazione alla vicinanza del porto, e databile intorno al IX e il XIII secolo, si segnala l’assenza di importanti edifici, costruiti in epoca successiva.

Gli ultimi abitanti dell’antica Akragas, minacciati dall’invasione musulmana e a causa dell’eccessiva vicinanza delle antiche mura al mare, si arroccarono nel colle occidentale dell’Acropoli, dove costruirono un Castello ed un recinto murario attorno alla città medioevale che poi prese il nome di Girgenti. Malgrado il tenore di vita fosse modesto, presto si intraprese l’espansione urbanistica all’interno della città muraria, con il passaggio dalla città antica a moderna, e l’abitato si arricchì di palazzi, chiese e monasteri, grazie al contributo artistico e culturale di Arabi e Normanni.

Tradizioni

I folclore di Agrigento, e della Sicilia in generale, è fatto di tradizioni, canti, balli, costumi e ricette. La nascita del folklore in Sicilia non si può fissare a una data precisa della storia, poiché esso nasce con il popolo siciliano stesso, come sintesi indissolubile dei miti che si sono fatti tradizione. Nelle poesie dialettali, nelle usanze familiari, nelle canzoni di festa o di lavoro, durante le feste religiose e gli incontri pubblici, si trova il folclore siciliano autentico fondamentale per comprendere la più profonda spiritualità dei siciliani. Chi visita la Sicilia “sente” il folklore nella vita quotidiana: nei carri addobbati, nei canti dei contadini fra i giardini profumati di agrumi, nei dolci più tipici, negli oggetti caratteristici come i “Pupi Siciliani” e i piccoli tamburi, ma soprattutto alle feste. Il folklore in Sicilia viene vissuto grazie ai gruppi folk, alle associazioni religiose che si riportano ai giorni nostri le antiche tradizioni e i canti popolari e le danze, i costumi, gli oggetti e gli abiti tipici. Questi gruppi accolgono gli altri gruppi folk di tutti i paesi del mondo, durante una grande festa: “la festa del mandorlo in fiore”.

“La Festa del mandorlo in fiore” è un festival che si svolge ad Agrigento nel mese di febbraio per celebrare l’arrivo anticipato della primavera in Sicilia. È anche una festa di fratellanza tra i popoli, di esaltazione delle tradizioni popolari e di celebrazione della cultura e della pace. La “Sagra del mandorlo in fiore” è nata nel 1934 e nel corso del tempo è diventata un evento importante per tutta la Sicilia. Molti gruppi provenienti da tutti i paesi del mondo danzano ogni anno nella bellissima “Valle dei Templi”, ricoperta di fiori di mandorlo. I costumi indossati attualmente dai gruppi folk, sono la riproduzione di quelli delle donne del popolo e dei carrettieri del XIX secolo. L’abito femminile: gonna di broccato, gilet come camicia, culotte, grembiule, scialle di lana fatto a mano. Sia la culotte sia il grembiule sono in pizzi siciliani e sono fatti a mano. I capelli delle donne sono intrecciati e poi raccolti in un chignon. L’abito maschile: pantaloni e gilet di velluto, fascia, cintura rossa di lana, camicia e fazzoletto da lavoro. Gli strumenti tipici siciliani sono: il “Tamburello”, il “Friscalettu”, il “Marranzano”, la “Matracola” e il “Bummulo”.

Il “Tamburello” è uno strumento a percussione costituito da un cerchio con le campane ai bordi, e con una pelle di un asino o di pecora tesa. Viene utilizzato per stabilire il ritmo. Il “Marranzano” è stato in passato uno strumento passatempo e ora è diventato il simbolo sonoro per la Sicilia. Il “Bummulu” è uno strumento con un suono adeguato ed è costituito da una sorta di vaso di terracotta usati per il vino e per l’acqua. Viene suonato fischiando all’interno. Il “Frisacalettu” è uno strumento a bocca di origine ellenica ed è costruito in canna e corrisponde al fischio del pastore. La “Matracola” è uno strumento conosciuto come “crotalo” ed è usato per la festa di San Calogero.

Le canzoni erano eseguite per lo più durante il lavoro o quando si doveva corteggiare una donna o in occasione di feste religiose. Tra le vecchie canzoni popolari si ricordano: “Ciuri, Ciuri” una delle note e tradizionali canzoni siciliane e rappresenta una serenata felice cantata dalla persona innamorata durante le prime fasi del corteggiamento, “Na Crozz Vitti” tradizionale siciliana canzone che mescola un testo molto triste ad una melodia molto felice, “Cummareddra”, “A vinnigna”, “A mietitura”, “Pisacaturi”, “Sicilia”, “Girgenti”.

Le danze erano un metodo per corteggiare le donne e al termine di lunghe giornate di lavoro, i siciliani si riunivano per trascorrere momenti di svago durante le vacanze, ma anche durante le feste familiari, come i matrimoni e i fidanzamenti, dove c’era l’abitudine di organizzare balli. Le più comuni danze sono la “tarantella” e il “chiodo”. Le origini della tarantella sono legate a una storia. Si dice che un contadino che lavorava nei campi era stato morso da una tarantola e per il forte dolore ha iniziato a saltare e a ballare. La Tarantella è un ballo tipico presente nella tradizione di tutta l’Italia meridionale. È famosa per la vivacità e la gioia che trasmette. Le fasi della tarantella sono diverse. Il passo più frequente è il passo base, in pratica dei piccoli salti alternati. Gli altri passi sono: “al contrario, all’indietro” e il passo “collettivo”. Il passo laterale: si salta con il piede destro verso destra e a sinistra sul piede sinistro. Non tacco e punta: si saltella continuamente con un piede e con l’altro, sempre appoggiandosi una volta sul tallone e una volta sulla punta.